Philippe Daverio, docente ordinario di Disegno Industriale presso l’Università degli studi di Palermo, è uno dei più noti ed importanti critici d’arte dei nostri giorni. Lo studioso, naturalizzato italiano, è famoso per le trasmissioni condotte su Raitre e su Rai 5 (“Passepartout” e “Emporio Daverio”), oltre che per il periodico “ART e dossier”, di cui è il direttore. Collabora inoltre ad una rubrica sull’arte nel mensile del Corriere della Sera, “Style Magazine”.
Il suo ultimo libro, dal titolo “Il museo immaginato” (Rizzoli), costituisce una carrellata di opere d’arte accuratamente selezionate, i pezzi immortali che l’autore sceglierebbe per comporre una sua galleria espositiva personale. In questo excursus sui più fulgidi esempi offerti dalla storia dell’arte figurano alcune opere napoletane di valore immenso, custodite nei nostri musei. Ecco quali, tra i capolavori appartenenti al nostro patrimonio artistico e culturale, meriterebbero di essere esposti nella personalissima mostra di Daverio.
Marte e Venere. La pittura ad encausto esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli rappresenta le due divinità assistite da Eros, e fa parte della serie delle celeberrime pitture pompeiane. Il critico ascrive il gesto degli amanti al gusto barocco di Roma, di cui sono rivestiti motivi stilistici tipicamente greci.
I pesci. Sempre nel Museo Archeologico Nazionale è esposto il suggestivo mosaico che rappresenta buona parte delle varietà ittiche conosciute nel I sec. d.C. La scena è dominata in maniera affascinante dalla lotta tra il polipo e l’aragosta, e più che descrivere le varie specie acquatiche ci narra soprattutto delle specialità che potevano trovarsi sulla tavola di un cittadino romano benestante. Il pesce era infatti un cibo molto amato nell’antica Roma, in particolare nella zona di Napoli dove veniva massicciamente pescato ed allevato.
Ritratto di Antea la Bella. Uno dei massimi capolavori del Parmigianino, pittore cinquecentesco, è esposto al Museo di Capodimonte. La resa dolcissima ed estremamente attenta alla luce dell’incarnato si accompagna ad una dettagliata descrizione del sontuoso abito che ci colpisce per la sua opulenza. Daverio suggerisce una possibile interpretazione romantica per l’atteggiamento della giovane donna; tuttavia questo è un aspetto che può essere lasciato alla sensibilità dello spettatore.
Ritratto di Clemente VII. Eseguito da Sebastiano del Piombo, fa parte anch’esso della collezione di Capodimonte. Qui il Papa è ritratto ancora giovane, nel1526, asoli tre anni dal suo insediamento sul soglio pontificio. Questa tela è messa a confronto con una serie di altri ritratti di Cardinali e Papi, tra cui un altro dello stesso Sebastiano che ritrae il medesimo soggetto a 5 anni di distanza. Dalla posa e dall’espressione del nobile de’ Medici traspaiono sicurezza ed una certa arroganza mirabilmente tratteggiate.
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