Prendiamo spunto da una notizia pubblicata poco tempo fa, e relativa al ritrovamento di resti di neonati risalenti al VI secolo d.C. nel cantiere della metro a via Egiziaca vicino al corso Umberto, per parlarvi delle magnifiche sorprese che il sottosuolo di Napoli sta riservando durante gli scavi della linea 1 della metropolitana.
Nel cantiere di via Egiziaca sono stati ritrovati i resti di un edificio semicircolare, di epoca imperiale, nei cui pressi fu posta un area sepolcrale. In questa area erano disposte delle anfore contenenti resti di neonati, probabilmente di classi meno agiate, che non potevano permettersi una sepoltura con sarcofago di marmo, più costoso. Ma il sottosuolo di Napoli ha riservato scoperte eccezionali durante gli scavi.
Cantiere della stazione Municipio
Questo cantiere è stato definito dagli archeologi che dirigono lo scavo della metropolitana un vero e proprio “pozzo di San Patrizio” per l’enormità e la qualità del materiale ritrovato (quasi 3.000 reperti). Piazza Municipio è stata da sempre un luogo importante nella storia della città e gli scavi hanno permesso di recuperare e conoscere stratificazioni di epoca greco-romano (rimaste per molti secoli delle stesse dimensioni) e poi di età angioina, aragonese e vicereale cioè delle dominazioni che si sono avvicendate nella storia della città.
Ripercorrendo la storia degli gli scavi della stazione di piazza Municipio ci ritroviamo da subito a cospetto con le famose barche. Prima una poi, a gennaio 2003, l’altra con un vecchio porto che inizia a configurarsi agli occhi di tecnici, operai e archeologi che seguono i lavori. Si è scoperto successivamente che erano barche di legno d’abete, costruite con molta maestria perché potessero tenere al meglio il mare. Non erano barche d’altura o vere e proprie navi ma erano barche adibite al trasporto di beni e mercanzie tra le navi di grosso pescaggio, ancorate al largo, e il porto dell’antica Neapolis: dunque barche che prelevavano i carichi dalle navi che non potevano attraccare al porto. Alla fine sono state ben quattro, e di varie dimensioni, le barche ritrovate.
Con loro sono venute alla luce, interrate nell’area fangosa anche i resti di quello che per anni era stato trasportato ed era, a volte, caduto in mare: tante anfore, alcune ancora con i tappi di sughero, e poi ceramiche, corde, gioielli, scarpe che nell’acqua e fango si sono conservate per anni fino a noi.
Prima le barche a piazza municipio poi, nel 2004 il porto romano, a 3 metri e mezzo sotto il livello del mare ed a ben 13 metri sotto il livello attuale della piazza. Da anni si discuteva dov’era, se a Castel dell’Ovo, a piazza Municipio o a piazza della Borsa. Ma il porto era li dove è l’attuale e con i resti dei vari moli sono stati portati alla luce monete, calzari romani, ceramiche ben conservata o in frammenti (anche di fattura africana segno dello storico multiculturalismo della città) e poi bottiglie di vetro tappate con sughero, reti da pesca e aghi per ricucirle e tante altre minuzie. Poi anche uno scheletro umano di epoca medievale a otto metri di profondità in una tomba a fossa all’incrocio con via Medina. Il cantiere più ricco di reperti e che ci ha riservato sorprese.
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