Le statue dei Re di Napoli a Piazza Plebiscito | Scoprire Napoli

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 © Barbara di Donato

Otto grandi statue sulla facciata di Palazzo Reale a Napoli che rappresentano i capostipiti delle dinastie che hanno regnato in città.

 

 

Sulla grande Piazza del Plebiscito a Napoli si affaccia la facciata principale del Palazzo Reale, un vero capolavoro dell’architettura barocca civile, progettato da Domenico Fontana agli inizi del 1600 su incarico del vicerè Fernando Ruiz de Castro conte di Lemos. Un luogo che fino all’annessione al Regno d’Italia veniva chiamato “Largo di Palazzo”.

Il grande palazzo ospitò i Viceré Spagnoli per oltre centocinquanta anni, poi i Borbone dal 1734 al 1861, con un’interruzione di un decennio. all’inizio del XIX secolo, quando a Napoli ci furono i francesi con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat.

Palazzo Reale è un bellissimo e grande palazzo che occupa un’area molto vasta e si affaccia anche sul mare. Alla sua costruzione ed ai successivi ampliamenti e restauri parteciparono i migliori architetti delle loro epoche quali Domenico Fontana, Gaetano Genovese, Luigi Vanvitelli, Ferdinando Sanfelice e Francesco Antonio Picchiatti che vi realizzò il primo scalone d’onore.

Ci furono infatti negli anni diversi interventi e ristrutturazioni tra cui la chiusura, effettuata dal Vanvitelli, delle 19 arcate presenti sulla facciata principale, la più grande delle quali fungeva da ingresso. Luigi Vanvitelli le chiuse, anche per questioni di stabilità, ricavandone otto nicchie che nel 1888, il Re Umberto I, fece riempire con delle statue, commissionate a diversi grandi scultori dell’epoca, che rappresentavano i capostipiti delle dinastie che avevano regnato in città.

Le otto statue dei Re di Napoli nella facciata di Palazzo Reale

Le statue furono volute da re Umberto I nel 1888 per abbellire il Palazzo con i Re che avevano regnato su questo grande territorio.

Guardando il Palazzo, con le spalle alla Basilica di San Francesco di Paola, da sinistra verso destra vediamo le otto grandi statue nelle nicchie del Vanvitelli e la prima è del re Ruggiero II il Normanno, eseguita da Emilio Franceschi. Segue la statua Federico II di Svevia cui si deve la prima Università in Italia, dopo quella di Bologna, creata da Emanuele Caggiano e poi la statua di Carlo I d’Angiò fondatore del Regno di Napoli un opera di Tommaso Solari.

Segue la statua di Alfonso V d’Aragona il re dell’unificazione della Sicilia e di Napoli detto “il Magnanimo”, eseguita da Achille d’Orsi e la successiva è quella di Carlo V d’Asburgo, vero capolavoro di Vincenzo Gemito.  La successiva statua di Carlo III, grande sovrano illuminato che rinnovò la città e il regno, fu opera di Raffaele Belliazzi, mentre il Re francese Gioacchino Murat fu scolpito da Giovan Battista Amendola. L’ultima statua è quella di Vittorio Emanuele II di Savoia, re d’Italia  dal 1861 al 1878 che fu realizzata da Francesco Jerace. Mancano tra le statue quelle dei Borbone, ultimi Re di Napoli e delle due Sicilie, sovrani precedenti all’annessione all’Italia.

La storiella dei Re di Piazza Plebiscito

Sembra che quando furono realizzate le statue sotto il Palazzo Reale non piacessero a molti dei napoletani. Erano passati solo poco più di 20 anni dalla caduta dei Borbone e dall’annessione all’Italia e anche Salvatore Di Giacomo commentò che il lavoro era stato realizzato senza un coordinamento, lasciando troppo liberi gli artisti che crearono opere non legate tra loro. E sembra anche che il Re Umberto, che volle le statue sotto l’allora residenza dei Savoia a Napoli, non rimase soddisfatto. In particolare fu molto criticata la statua di Vincenzo Gemito e nell’artista si accentuarono i problemi di salute mentale.

Ed anche il popolo prese di mira le statue, con il famoso racconto che vede protagonisti gli ultimi quattro Re, e che è poi arrivato fino a noi. Guardando Carlo V d’Asburgo, rappresentato con il dito rivolto verso il basso, si disse che chiedesse: “Chi ha fatto pipì per terra?” e Carlo III rispondesse a tono: “Io non ne so niente”.  Gioacchino Murat, rappresentato con lo sguardo fiero, rispose “Sono stato io e allora?” e Vittorio Emanuele con la mano sulla spada esclama: “E allora te lo taglio!”.

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