Con il suo chiostro maiolicato, la storia e l’arte, il Monastero di Santa Chiara è uno dei luoghi più straordinari di Napoli. Ecco tutto ciò che c’è da sapere prima della visita
Il complesso monumentale di Santa Chiara, anche noto come Monastero di Santa Chiara, è tra i più rilevanti e apprezzati monumenti del patrimonio artistico di Napoli. E’ reso celebre dal suo chiostro che ne è espressione sublime di pace e bellezza, elementi che a Napoli hanno spesso trovato attuazione nel connubio tra fede e arte, ricercatezza e virtuosismo.
Ubicato nel centro storico di Napoli, tra l’omonima via e Piazza del Gesù Nuovo, il complesso si estende su una superficie vasta che include la Basilica di origine gotica, gli ambienti monastici, l’area archeologica con i resti di uno stabilimento termale di epoca romana, l’ampia zona occupata dal museo dell’Opera Francescana, il famoso Chiostro Maiolicato e il grande campanile.
Per il suo valore intrinseco che ne ha fatto oggetto di declamazione da parte di cantori (i celebri versi di Rocco Galdieri “Munasterio ‘e Santa Chiara/tengo o core scuro scuro..” sono il canto nostalgico di un napoletano che evoca la sua Napoli lontana trasfigurandola nel ricordo del monastero) e di intellettuali, come il filosofo Benedetto Croce che, non a caso, iniziò il suo “Storie e leggende napoletane” con la menzione della cittadella francescana, Santa Chiara è tra le più variegate e riconosciute espressioni d’arte di cui Partenope dispone. Negli ultimi anni, grazie anche a una gestione rinnovata e adeguata, numerosi fedeli, turisti e autoctoni affollano la struttura, vivacizzando un vero e proprio gioiello sito nel cuore della città.
Alcune cose imperdibili da conoscere sul Complesso monumentale: breve storia e aneddoti della Chiesa di Santa Chiara
La basilica di Santa Chiara ha vissuto tre fasi cruciali che ne modificarono di volta in volta l’aspetto e la struttura architettonica determinandone rispettivamente la fondazione, il rimaneggiamento e la parziale distruzione.
Nell’anno 1310 il re angioino Roberto I detto il Saggio e la devota moglie, Sancia di Mairoca, decisero di innalzare poco fuori le mura della città medievale una basilica con annesso convento. Certamente i sovrani furono mossi dall’afflato religioso molte volte esibito, ma non fu secondaria la volontà di realizzare una magnificente struttura atta ad accogliere le spoglie mortali della famiglia reale.
Su modello gotico provenzale fu costruita in un decennio la poderosa basilica di Santa Chiara, a navata unica, perimetrata sui lati da dieci cappelle e preceduta dalla facciata, che si apre su via Benedetto Croce, con arco a sesto acuto e nella quale spicca l’antico rosone traforato. I lavori furono affidati a Gagliardo Primario e Leonardo di Vito, mentre molte delle sculture furono levate dall’abile arte di Tino da Camaino che ebbe anche l’ingrato compito di provvedere alla modellazione del primo cenotafio angioino in Santa Chiara: la tomba di Carlo, figlio del re, morto prematuramente. Si ritenne la morte per volere divino, secondo la tradizione tramandata, da chi considerò un vero affronto l’accostamento che il giovane osò fare tra la basilica e una stalla guarnita di venti mangiatoie.
Nella grande basilica lavorò Giotto
Anche consigliato da Boccaccio, Roberto D’Angiò scelse il miglior pittore dell’epoca per far affrescare la basilica, ovvero Giotto. Scene che descrivevano la vita della Madonna, i miracoli di San Francesco e di Santa Chiara abbellivano le pareti della navata. Difficile stabilire se affrescate direttamente dalla mano del Maestro o dalle maestranze della sua bottega, purtroppo delle immagini giottesche in Santa Chiara resta un ricordo sbiadito a causa di chi, durante il Seicento, le occultò colpevolmente sotto strati di stucco, sottraendo alla storia una mirabile pagina di arte medievale.
Solo all’interno dei luoghi conventuali è sopravvissuta qualche traccia della scuola giottesca e, eccezionalmente rispetto alla consuetudine che preserva tali ambienti alla fruizione del pubblico, è possibile di recente farvi visita accompagnati da una guida, una delle rare occasioni per riacciuffare frammenti del passaggio di Giotto a Napoli.
La chiesa distrutta dai bombardamenti
Di gran lunga più feroce e definitivo fu l’effetto della violenza della guerra. Il 4 aprile del 1943 un bombardamento sventrò la basilica riducendo a macerie gli abbellimenti avvenuti durante il Barocco e coordinati dall’artista Domenico Antonio Vaccaro di cui miracolosamente si salvò il Chiostro Maiolicato.
Né la furia della guerra, né l’arroganza degli uomini riuscirono a ferire a morte il Complesso monumentale la cui storia fu di profonda umanità e nobilissima fede, ma che seppe essere a suo modo anche rivoluzionaria: fu tra le prime strutture ad ospitare sia un monastero femminile, quello delle Clarisse, che uno maschile, grazie all’autorizzazione elargita da Papa Clemente V il 20 giugno del 1312.
La ricostruzione riportò alla luce l’antico stile gotico
Alla fine del conflitto mondiale una nuova ristrutturazione restituì al popolo la sua Chiesa. Questa volta i lavori furono diretti da Mario Zampino che riportò alla luce il vecchio stile gotico, attuando l’ultimo degli oblii di cui Santa Chiara fu protagonista, quello delle splendide policromie, dei barocchismi ancora rintracciabili in vecchie foto d’epoca, e che, benché non del tutto allineati all’attitudine filospirituale e francescana della sua fondatrice, pure avrebbero avuto il diritto di sopravvivere nel tempo.
Oggi, entrando in Santa Chiara, ci troviamo in uno spazio rigoroso e solenne dove la luce, che era l’elemento essenziale dell’arte medievale, filtra dalle bifore e dalle trifore convogliando lo sguardo in direzione dei monumenti funebri che emergono dal fondo dei 130 metri di cui è composta la navata, escluso il coro delle Clarisse, lì dove l’occhio si ferma al cospetto del sepolcro di re Roberto d’Angiò.
Il Chiostro Maiolicato di Santa Chiara: un angolo di Paradiso nel tumulto cittadino
I chiostri di Santa Chiara per come oggi li vediamo recano la firma di Domenico Antonio Vaccaro. La ristrutturazione che egli mise in atto tra il 1739 e il 1742 aveva lo scopo di soddisfare le richieste della committente, la badessa Suor Ippolita di Carmignano: un luogo spirituale che preservasse eleganza e cura per il bello, in conformità con il gusto delle donne che l’avrebbero frequentato, le future Clarisse di stirpe nobile.
Il Vaccaro progettò un ampio chiostro decorato con maioliche, diviso in quattro parti dall’incrocio di due viali e puntellato da ben 64 pilastrini di forma ottagonale. I pilastri, decorati con tralci di vite, sono collegati tra loro da sedute interamente maiolicate che recano scene popolari, agresti e mitologiche, mentre su un solo schienale è riportata l’immagine tratta dalla vita quotidiana monastica: una suora che sfama dei gattini.
Il Chiostro è perimetrato dal porticato splendidamente dipinto nella prima metà del XVII secolo sia nelle arcate che sulle pareti, creando un armonioso pandant con i colori delle “riggiole”.
Pace, armonia e spiritualità furono le direttrici lungo le quali ebbero a muoversi gli interventi dei singoli artisti. Nessuno di questi elementi è stato tralasciato. Ancora adesso chi ha modo di passeggiare nei chiostri di Santa Chiara si giova di un ambiente meditativo e accogliente che sottrae al caos metropolitano uno ritaglio di quiete immoto nel tempo e nello spazio.
La luce, gli affreschi, le icone, le architetture, i marmi candidi o cangianti: così gli artisti che si sono avvicendati nella fabbrica di Santa Chiara hanno trasformato un luogo terreno in un vero e proprio laboratorio del bello, facendone a Napoli il più significativo ponte di comunicazione tra l’umano e la autentica spiritualità.
Complesso monumentale di Santa Chiara: informazioni, prezzo biglietti, apertura e dove si trova
- Orari: lun-sab 9,30/17,30 – dom 10,00/14,30
- Giorni di apertura: aperto tutti i gironi
- Dove: Via Santa Chiara, 49/C, 80134 Napoli NA
- Prezzo biglietto: biglietto standard 6,00 €; biglietto ridotto 4,50€; biglietto speciale 3,50€
- Contatti e informazioni: sito ufficiale
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