Piazza del Plebiscito è salotto di Napoli, incastonato tra la Basilica di san Francesco di Paola, il Palazzo Reale, edifici di rappresentanza e lo storico Gran caffè Gambrinus
Piazza del Plebiscito è la piazza più grande di Napoli. Essa si estende come un enorme proscenio ai piedi della collina di Pizzofalcone. Un vasto colonnato semicircolare la recinge parzialmente, dietro di esso emerge la cupola neoclassica della basilica di San Francesco di Paola posta specularmente al Palazzo Reale, edificio nella cui facciata sono collocate le statue dei re di Napoli.
Chiusa sui lati da due fabbricati gemelli, contribuivano al suo fascino le musiche delle orchestrine che si esibivano nello storico Gran Caffè Gambrinus e i colori del golfo che fa capolino al di là del quartiere Santa Lucia.
Cosa vedere a Piazza Plebiscito tra storia e curiosità
Largo di Palazzo – così veniva definita Piazza del Plebiscito fino al 1817- fu per secoli il luogo simbolo della politica partenopea. Con una dinamica complessa e particolare si rendeva necessaria di volta in volta la costituzione di una ideologia valida da sfoggiare in posti emblematici in grado di ammaliare e impressionare il popolo asservito. La vasta area situata sulle vestigia della vecchia Palepoli si mostrava assai confacente allo scopo.
Questo dato è essenziale per comprendere la serie di rimaneggiamenti, modifiche e implementazioni di cui la Piazza è stata oggetto nel suo secolare percorso riqualificativo.
Il passaggio di Gioacchino Murat fu tra i più incisivi. Nell’800, il re contribuì allo sviluppo urbanistico e scenografico della piazza con l’abbattimento di strutture e conventi che ne occludevano l’ampiezza, e fece costruire l’imponente colonnato sul modello delle antiche stoà greche. Murat sognava un foro che, sfruttando il pendio della montagna di Pizzofalcone, desse alla città il suo anfiteatro naturale. Benché la parentesi napoletana fu di breve durata, gli esiti delle modifiche da lui apportate sono rimasti. Ancora oggi l’elemento che conferisce a Piazza del Plebiscito maggiore eleganza e signorilità è il suo colonnato.
Non a caso Ferdinando IV di Borbone piuttosto che abolire il progetto del francese, se ne appropriò traendone vantaggio per i suoi scopi: tornato dall’esilio decise di innalzare il più grande tempio del Sud al santo a cui aveva fatto voto, Francesco di Paola. Prese forma, alle spalle del colonnato e incastrata in esso, la poderosa Basilica, evidente ricalco del Pantheon ellenistico ed esibizione del ritorno al potere reale.
L’enorme cupola, tinta di un tono delicato d’azzurro, riecheggia il colore del vicinissimo mare e svetta nella zona semicircolare della piazza in posizione centrale, in corrispondenza delle due statue equestri di Carlo III e Ferdinando I.
Due cupole minori completano la struttura della Chiesa. Gli interni conservano opere pregiate di artisti napoletani e non. Lo stile è sobrio: marmi policromi e numerose colonne decorano il corpo centrale già particolare per la sua geometria.
L’altra parte della piazza, quella che si estende a partire dall’ingresso del Palazzo Reale, ha forma rettangolare e si unisce alla porzione ellittica creando con essa uno spazio vastissimo ed interamente pedonalizzato ritornato alla sua vocazione iniziale, e cioè quella di accogliere eventi e manifestazioni pubbliche che si tengono periodicamente.
Per la Basilica
- Orari: 8,30/12,00 16,00/19,00
- Giorni di apertura: aperto tutti i gironi
- Dove: Piazza Plebiscito, 80132, Napoli, Italia
Piazza del Plebiscito e l’ipogeo sotterraneo
Quando passeggiate per Napoli tutto ciò che incontrate, osservate e calpestate è solo un elemento parziale della città. Il sottosuolo napoletano contiene e conserva una città parallela che continua ad emergere in occasioni casuali come scavi o lavori urbani. Il patrimonio di questa Napoli invisibile non cessa di stupire ed è la pura e preziosa rendita di bellezza che questa città offre.
Anche percorrendo Piazza del Plebiscito sotto i vostri piedi, in corrispondenza della Basilica, si estende un grandioso ipogeo vasto circa mille metri. Cunicoli e corridoi si sviluppano attorno alla sala circolare sostenuta da una volta a fungo.
Difficile ad oggi stabilire quale fosse la funzione della costruzione: secondo alcuni avrebbe dovuto ospitare le spoglie dei re borbonici. Attualmente, oltre a cercare di risalire all’uso dell’ipogeo, si è impegnati in una azione di ripristino e riutilizzo.
I sotterranei della piazza nascondono anche il cantiere della mai completata Linea tranviaria rapida, la famosa LTR. Del cantiere è rimasto solo il lungo tunnel abbandonato che nel tempo si è allagato. Oggi grazie alla Galleria Borbonica è possibile visitare questo tratto sotterraneo con una zattera e, incredibile ma vero, navigare lungo il canale artificiale sotterraneo. Per maggiori informazioni: In zattera sotto Piazza del Plebiscito.
Curiosità: tradizioni e caffè d’élite
Piazza del Plebiscito è stata coacervo di innumerevoli manifestazioni della ritualità napoletana. Famose e ben documentate storicamente erano le feste della “cuccagna”, i riti che si svolgevano intorno alla statua del Gigante di Palazzo, le memorabili feste organizzate dai re, oppure quelle per celebrare l’arrivo dell’acqua del Serino con la creazione di una apposita fontana che zampillò per giorni con un getto di 30 metri.
Sul finire dell’Ottocento il Gran caffè Gambrinus entra a far parte della storia della Piazza e di tutta la città, marcando con la sua traccia la più grande Storia d’Italia. Per tutto il secolo scorso ha accolto l’élite locale e forestiera anch’esso rispondendo alla funzione di cenacolo culturale che codificò, sin dall’XIX secolo, la vocazione dei Caffè più blasonati di Napoli.
Fondato nel 1860 dall’imprenditore Vincenzo Apuzzo con il nome di “Gran Caffè”, fu ribattezzato “il Caffè dalle Sette Porte” poiché la sua posizione strategica lo dotava di vari ingressi che affacciavano, ora come allora, su Via Chiaia, piazza San Ferdinando e piazza del Plebiscito. Apuzzo usò intelletto e furbizia per sovrastare la concorrenza dell’epoca assumendo nelle fila dei suoi dipendenti i migliori gelatieri e pasticceri di cui la città disponeva.
Non si fece scrupolo di inviarli all’estero per fargli apprendere l’arte della pasticceria francese. Da mecenate quale fu, si fece promotore ed organizzatore di carri allegorici per la ricorrenza del Carnevale affidando a pittori quotati le decorazioni delle macchine da festa e dispensando confetti e bomboniere al popolo umile che accorreva dai Quartieri Spagnoli per partecipare all’evento.
Le elargizioni non mancarono neppure ai musicanti e agli artisti e così anche la fama di Apuzzo crebbe insieme ai suoi debiti, tanto che nel 1885 dovette chiudere bottega.
Fu scaltra e immediata la mossa del principale concorrente, tal Mariano Vacca che, ottenuto l’uso dei locali, li rivoluzionò con una ristrutturazione a cura dell’architetto pugliese Antonio Curri che valse al Caffè il riconoscimento di “più bello d’Europa”.
Nel 1890 riaprì al pubblico il nuovo Caffè, a cui si scelse di aggiungere la dicitura Gambrinus in riferimento ad un presunto mitologico re d’oltralpe inventore della birra.
Il Caffè ebbe la meglio sulla concorrenza decretando la chiusura di molti locali e divenendo luogo d’attrattiva per la migliore società culturale, alto borghese e politica napoletana. Orchestrine allietavano i visitatori, cultura e interessi personali circolavano tra i tavolini all’aperto. Anche il poeta Vate, Gabriele D’Annunzio, ne fu assiduo frequentatore. Qualcuno ritiene che qui abbia scritto “A Vucchella”, canzone napoletana entrata nella tradizione musicale locale.
Lunga e blasonata fu la storia di questo luogo che ebbe merito di accogliere la cafè society partenopea, cosa che gli costò la chiusura per mano della scure iniqua del Fascismo. Va ricordata la sera del 5 agosto 1938 quando il Prefetto Marziale, con una scusa funambolica e incredibile anche per il più ingenuo dei fanciulli, stabilì che venissero serrate le porte di un sito divenuto fastidioso per le sentinelle della incipiente oppressione: le musichette e gli avventori disturbano il sonno della moglie del prefetto.
A cinque mesi dalla chiusura un coraggioso Alberto Savinio denunciò l’accaduto sulla rivista Omnibus con un articolo dal titolo eloquente “il Sorbetto di Leopardi”. Il regime non ammetteva né la verità né la libertà: chiuse anche il settimanale.
Si dovrà arrivare al 20 gennaio del 1952 per riaprire i battenti del Gran Caffè e dei suoi locali, ormai diventati una piccola stanza affacciata su via Chiaia e depredata di tutti i suoi splendidi orpelli. Furono diverse le gestioni che si succedettero da questo momento, fino a giungere a quella di Michele Sergio e dei suoi figli Arturo e Antonio. A loro va riconosciuto il merito di aver restituito al Gran Caffè Gambrinus tutti i locali, la sontuosità e parte delle opere che gli furono sottratte.
Quanto agli illustri esponenti del mondo intellettuale, quando anch’io vado a sorseggiare un caffè al Gamrbinus, mi piace ricordare che Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, fondatori de Il Mattino, erano soliti frequentare le splendide sale dal gusto barocco, e sentirmi un po’ più vicina a quel circolo di amore spassionato e devoto per la città da cui Napoli trae da sempre ispirazione.
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Come arrivare a Piazza del Plebiscito
La piazza è uno dei luoghi più conosciuti di Napoli e di conseguenza è un luogo molto frequentato da napoletani e turisti, pertanto la cosa migliore da fare per raggiungere la Piazza è utilizzare i mezzi pubblici. In particolare con la linea 1 è possibile scendere alla Fermata Toledo e poi percorrere a piedi tutta via Toledo in direzione sud e poi superare Piazza Trieste e Trento. In alternativa è possibile scendere alla fermata Municipio o se si arriva dai quartieri collinari con la Funicolare Centrale è possibile scendere alla Fermata Augusteo. Inoltre, sul lato del Palazzo Reale è presente anche un ascensore che collega gratuitamente la Piazza a via Ferdinando Acton